di Stefano Artusi
Il 7 aprile 2015, FedEx Express, il gigante delle consegne di Memphis, acquisiva la concorrente Tnt Express, con sede a Hoofddorp (Paesi Bassi), per 4,4 miliardi di euro con l’obiettivo di espandere la propria presenza in Europa, dopo il via libera da parte dell’Antitrust europeo. La stessa FedEx l’annunciava così:
‘FedEx ha acquisito TNT. L’unione di FedEx e TNT ci consentirà di sfruttare i punti di forza di entrambe le aziende, per connettere un numero sempre maggiore di persone e possibilità in tutto il mondo. Questa acquisizione unirà la più grande rete di spedizioni via aerea in modalità espresso del mondo con una rete europea di mezzi su strada senza precedenti, espandendo il portafoglio esistente di FedEx e rimodellando il settore del trasporto e della logistica a livello globale.’
Ma facciamo un ulteriore passo indietro e torniamo al 2013 quando DHL, UPS e FedEx avviarono la ‘campagna d’Italia’. La Tnt navigava in brutte acque, nonostante fosse il primo operatore privato per consegna di posta del nostro Paese e il terzo nell’espresso, in luglio dalla sua sede centrale italiana di San Mauro Torinese erano partite 854 lettere di licenziamento (un terzo del totale dei dipendenti) con la conseguente chiusura di 24 filiali. L’Antitrust ne aveva bloccato l’acquisizione da parte di UPS perché avrebbe messo a rischio la concorrenza del settore in Europa. Il mancato accordo aveva innescato un piano di ristrutturazione per un totale di 4000 esuberi nei diversi paesi dove operava.
Sul mercato domestico erano già state esternalizzate buona parte delle consegne dell’ultimo miglio a pandroncini e coopertive (esponendosi ad infiltrazioni malavitose) con condizioni economiche insostenibile per i lavoratori: 50/60 euro al giorno comprensivi di contributi, ferie e malattia. L’operazione aveva di certo avuto l’effetto di tagliare i costi, ma ha dato una serie di problemi come il fenomeno del caporalato, una minor qualità del servizio e una guerra dei prezzi che danneggiava tutto il settore, il quale attraversava un periodo recessivo. E valeva per tutti i big da Brt-Bartolini (di cui ‘Le Poste’ francese detiene una quota minoritaria) a Sda di Poste Italiane, fino a Aws che aveva appena chiuso per fallimento.
Secondo i dati Confetra, in quel momento il courier era l’unico segmento del trasporto a crescere (incremento di ricavi nel 2012 del 2,4%). Deve essere stata questa prospettiva unita al sostanziale equilibrio fra espresso per l’estero e quello domestico a convincere FedEx ad investire in Italia mentre quell’anno veniva già da due acquisizioni in Francia e Polonia. Gli americani potevano vantarsi di una politica dell’ultimo miglio completamente in controtendenza rispetto agli altri: nessuna esternalizzazione, cioè veicoli propri e personale dipendente.
Una nota aziendale ci informava che nell’aprile 2017 FedEx e Tnt avevano avviato l’integrazione negli Stati Uniti, Canada, Spagna, Giappone, Romania e gli Emirati Arabi Uniti col risultato (raggiunto) di una rete più agile ed efficiente.
Inoltre, poiché non tutti i settori di attività possono né devono essere integrati insieme contemporaneamente, le operazioni di integrazione riguarderanno settori diversi di FedEx Express e TNT in momenti diversi. In tutto il mondo abbiamo affidato a un team di collaboratori locali l’incarico di verificare che le esigenze dei nostri clienti, in termini di operatività e di business, vengano pienamente rispettate nei nostri piani.”
Tornando al presente, la FedEx (in aprile) ha annunciato un piano di licenziamenti, esuberi strutturali, per 361 dipendenti e il trasferimento ad altre sedi di 115, che nella maggior parte dei casi, visto lo spostamento geografico (da tutta Italia trasferiti a Peschiera Borromeo), comporterà la perdita del lavoro. Un ridimensionamento graduale che secondo i piani dell’azienda si concluderà nel marzo 2019. L’intenzione è quella di chiudere 24 delle 34 sedi con l’obiettivo di concentrare l’attività di recapito italiana in quattro grandi hub. Apparentemente un fulmine a ciel sereno visto che dal 2015 al 2017 il fatturato di Fedex è aumentato del 27%, superando i 60 mld di dollari e raggiungendo utili di esercizio pari a 2,9 miliardi (1,9 mld più del 2015). Ogni giorno gestisce la spedizione di 11,5 milioni di colli in 220 paesi.
I sindacati fanno notare che l’azienda non è in difficoltà economica (anzi il settore della distribuzione e della spedizione, basato sull’e-commerce, sono in forte crescita ed espansione) e puntano il dito contro la duplicazione delle mansioni tra i corrieri dipendenti della FedEx e quelli della Tnt che invece risultano esternalizzati ai lavoratori delle cooperative.
Il 25 maggio scorso al Mise, all’incontro con FedEx – Tnt, i sindacati hanno trovato un muro alla richiesta di ritirare licenziamenti e trasferimenti. L’apertura è stata esclusivamente su incentivi a chi accetta il licenziamento e una manciata di ricollocazioni. Tra il 31 maggio e il primo giugno ci sono state 48 ore di sciopero, precedute da quelle del 17 maggio, in risposta al licenziamento di circa un quarto dei dipendenti del gruppo. Sono stati bloccati gli hub FedEx di Malpensa, quello Tnt di Peschiera Borromeo, la filiale veneziana a Marcon, la filiale FedEx di Settimo Torinese, la filiale fiorentina di Tnt a Calenzano, la filiale romana di Tnt a Salone, la filiale Tnt di Casoria e quella casertana di FedEx a Teverola, la filiale Tnt nella zona Cagliari Elmas.
Le tre organizzazioni sindacali dei Trasporti hanno denunciato che l’azienda, in alcuni siti e magazzini, «sta tentando di utilizzare i lavoratori interinali per sostituire i dipendenti che hanno scioperato, violando le leggi del nostro paese». Così come è stata giudicata insoddisfacente l’ipotesi di collocare presso i fornitori 140 lavoratori che rimarrebbero privi di garanzia per quanto riguarda la tutela normativa, salariale e professionale. Poi c’è il caso dei trasferimenti dei lavoratori torinesi (sempre verso Peschiera Borromeo) addetti al comparto vendite, un’attività che si può fare, chiaramente, anche senza spostarsi.
I dipendenti sono arrabbiati perché il modello lavorativo scelto, nella razionalizzazione, è stato quello della Tnt che, al netto delle tutele dei lavoratori, non era neanche vincente dal punto di vista economico (la Tnt era in forte difficoltà al momento dell’acquisizione) rispetto al modello virtuoso della FedEx dove, dal magazziniere al corriere, sono tutti dipendenti. Due modelli contrapposti, da una parte l’allungamento della filiera logistica dall’altro l’internalizzazione.
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